lunedì 5 ottobre 2015

Le vere ragioni della crescita del PIL (secondo il governo)

Quando le interferenze disturbano il segnale è necessario risintonizzare il canale.

Sul Documento di Economia e Finanza (DEF) presentato dal governo cioè dal Ministero dell'Economia e delle Finanze (il MEF per gli amici) ad aprile 2015, vi si legge a pagina 4 che per il 2015 è prevista una crescita pari allo 0,7% (poi aggiornata allo 0,9%).

Facendo lo sforzo ammirevole (perché il DEF è davvero noioso) di arrivare fino a pagina 16 verremo ricompensati dalla lettura di un'interessante tabella in cui si afferma, in sostanza, che di quella crescita dello 0,7% (o 0,9%) le variabili esogene, ovvero quelle non imputabili alle scelte di politica economica del governo, contano lo 0,6%.

In pratica, il governo afferma che la crescita del 2015 dipenderà quasi totalmente dalle favorevoli condizioni di mercato internazionali. Soprattutto, la svalutazione dell'euro e il basso prezzo del petrolio. Tutto questo con buona pace: degli interventi in televisione, degli articoli sui giornali, dei tweet e di tutti gli accidenti che si inventano ogni giorno per confondere le acque. Attenzione a non perdere il segnale.


Ma le riforme? Il Jobs Act? Alla meglio, sono comprese in quello 0,1% che non deriva dalle variabili esogene. 

Attenzione, dire che fino ad ora le riforme non hanno avuto alcun impatto rilevante sull'economia, non significa escludere che possano averlo in futuro. Tuttavia, anche questo scenario, auspicabile per il governo, va ben interpretato. Perché il Jobs Act funzionerebbe solo nel momento in cui agevolasse l'abbassamento degli stipendi.

Già perché loro sperano che la maggior flessibilità del lavoratore (che potrà essere licenziato più facilmente) determini minori pretese e quindi un costo più basso, che avrebbe come effetto un minor prezzo di vendita del prodotto e  una maggiore competitività, che a sua volta servirebbe a dare un impulso alle esportazioni. 

Bene, direte voi, ma se aumentano le esportazioni ci guadagniamo tutti. No, perché se il maggior guadagno venisse ridistribuito fra tutti i partecipanti al processo produttivo (cioè a noi) aumenterebbero di nuovo gli stipendi e si tornerebbe punto e a capo. Ed è per questo motivo che il governo punta solo sulle riforme dal lato dell'offerta, quelle che non aiutano la domanda interna, per rilanciare la crescita.

Stay tuned.


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